Il Vino

La vendemmia delle uve è separata e vinificata per varietà, solo in un secondo momento viene effettuato il taglio. Dopo la macerazione delle uve per 1012 giorni, a malolattica completata, il vino viene trasferito in piccoli fusti di rovere (barriques) e in piccola parte botti di slavonia, dove è lasciato a maturare per oltre un anno. Questa lunga maturazione nel legno è possibile grazie alla struttura del vino, complessa sia come antociani che estratti secchi. Il vino viene imbottigliato senza l'uso di filtrazione, è affinato per circa 12 mesi prima della missione nel mercato.

Specifiche

Uvaggio 20% Sangiovese, 80% Cabernet Sauvignon
Gradazione alcolica 13%
Tipologia del terreno Galestro di medio impasto
Sistema di allevamento Cordone speronato con 6-8 gemme
Resa ~5000 Kg/ha (50 quintali per ettaro)
Vendemmia A mano. Dall' ultima decade di Settembre ai primi giorni di Ottobre
Vinificazione Macerazione dagli 8 ai 12 giorni a 25° - 28°
Maturazione In barriques di legno francese e in fusti di rovere slavonia per 10-12 mesi
Affinamento In cantine asciutte ad una temperatura di 15° - 16°
Bottiglia Bordolese 75 cl
Profumo Profumi complessi e speziati, tra cui prugna, castagna, tabacco e pietra fuocaia
Sapore In bocca pieno e rotondo, tannini molto morbidi con una struttura avvolgente, retrogusto persistente

La Falconeria

A colloquio con Beppe Bàgordo

Non è l'«altro» falconiere. È un falconiere. E uno dei più bravi. Certo lo si vede spesso a fianco di Alduino Ventimiglia, magari al Game Fair, tutto vestito alla bisogna e su un cavallo bardato, con in mano il falco dell'occasione. Sono molto amici i due, chissà Giuseppe Bàgordo con il Falco, forse anche per antiche e comuni origini normanne. Il nonno abitava in Puglia e si portava dietro un cognome francese, Bagard. Ma Beppe Bagordo, fiorentino di Lastra a Signa, cinquant'anni ben portati, una moglie, Maria, che condivide con lui la passione per l'allevamento di cavalli tolfetani, antica razza italiana dimostratasi peraltro adatta alla falconeria, due figli da iniziare alla nobile arte, è falconiere originale che viene da lontano. Ha sempre il sorriso sulle labbra.
Abbozzo: fa il medico odontoiatra e deve curare l'immagine professionale, oltre a quella individuale. Ma no, è nel suo carattere franco e gentile, sempre disponibile con le persone, sempre sorridente appunto. C'è insomma qualcosa del cavaliere nobile nel suo modo di fare. Spontaneo o acquisito? Spontaneo. «La passione per la falconeria è qualcosa di innato.Figurati che un mio nipote di 4 anni ce l'ha già nel sangue. Magari non è ereditaria, perché, ad esempio, uno dei miei figli non ce l'ha. Ma per me non saprei spiegarla diversamente. Il mio primo falco l'ho avuto all'età di 12 anni e da allora non ho mai abbandonato questa passione. Ho avuto ovviamente degli alti e bassi nel coltivarla, in relazione agli studi e al lavoro, però è sempre stata costante, in pensieri ed opere. Sono arrivato ad avere fino a 20 falchi. Adesso ne ho 4, di cui 3 pellegrini, la specie forse più bella e la più entusiasmante per le sue picchiate veloci. E un'attività, quella della falconeria, che vuole dedizione e pratica continua. Nonostante gli impegni di lavoro, un giorno sì e uno no sono ad allenare i falchi nelle campagne vicino a Firenze. Ci vado anche a caccia in qualche riserva. Fino a qualche anno fa sono stato pure in Ungheria perché le vaste pianure di quella nazione, nonché la numerosa presenza di selvaggina, permettono delle belle cacciate. Un tempo avevo anche un cane da ferma, adesso non lo posso tenere più. Fra l'altro il cane deve essere particolarmente addestrato e, per certi aspetti, deve avere caratteristiche diverse da quelle che pretende un normale cacciatore cinofilo. Ad esempio occorre che il cane non riporti, oltre a dover sopportare la presenza del falco o di altri rapaci, il che non sempre è semplice ad insegnare, in relazione al carattere dell'animale. Se riportasse toglierebbe il lavoro conclusivo al falco, quello appunto di stracciare la preda a terra e in questo modo si vanificherebbe la funzione stessa del rapace». Senti Beppe, quando ho visto le tue esibizioni e quelle di altri falconieri, mi sono sempre preoccupato che gli uccelli ritornassero sul logoro. E questo 1' addestramento più difficile? «Ma no. Basta che all'inizio il falco sia trattenuto da un lungo filo, poi si adatta bene a ritornare, anche perché tutte le volte viene ricompensato con del cibo. L'insegnamento più difficile è invece quello di farlo salire a monte, di farlo cioè librare alto nel cielo perché solo in questo modo può avvistare bene la preda e lanciarsi in picchiata, come fanno i falchi pellegrini. Poi ovviamente occorrono tante altre accortezze e, nel caso degli spettacoli, come del resto a caccia, la reciproca accettazione e confidenza fra falco e cane e falco e cavallo, come pure la presenza della gente. Per far bene tutto questo sarebbe importante che le attuali associazioni di falconieri si riunissero fra loro e, unendo le forze, potessero disporre di alcune riserve di caccia, una per le tre aree geografiche italiane, in cui addestrare al meglio i loro rapaci. È questo il futuro di una falconeria non tanto elitaria, ma che nasce da una passione vera». Volesse il cielo!«Falconieri si nasce. Non è un fatto di censo o di élite. Si tratta di una passione dell'animo umano»

A cura di Massimo Scheggi